Arriva la BlackBox nell’Advertising. Ecco come reagire

Il cliente potenziale è quella che viene definita “buyer personas“, ossia il possibile cliente verso cui vogliamo indirizzare le nostre attività di marleting al fine di vendere un prodotto/servizio sulla base dell’analisi di mercato la quale è ormai imprescindibile in un mondo sempre più competitivo.

Se ci avete fatto caso, tutte le piattaforme ormai  stanno cambiando logica di approccio rispetto al passato e ci chiedono di targettizzare per Audience (Performance Max di Google, Tik Tok, Facebook) o, detto in altri termini, ci chiedono che audience vogliamo raggiungere.

Audience = Pubblico

Se Google ADS sta via via abbandonando le parole chiave, le quali facevano parte del suo approccio storico, Facebook ADS sta abbandonando la parte legata agli interessi.

Quando targettiziamo dando le indicazioni verso un cliente potenziale da raggiungere attraverso le nostre ads, non forniamo più alle piattaforme un’indicazione precisa come eravamo portati a fare un tempo (es. voglio intercettare il vegano che sta a Torino, vive in un determinato cap ed ha il seguente elenco di interessi, etc), oppure attraverso Google passando per le Parole chiave.

Oggi, e soprattutto in futuro, non sarà più così nel senso che già Google, come abbiamo accennato poco sopra, attraverso le nuove Campagne Performance Max, non ci chiedono neanche più le parole chiave perché ci mettono a disposizione una Audience (termine su cui dobbiamo iniziare a ragionare), ossia un pubblico molto vasto verso cui poter arrivare per poi occuparsi loro di capire come raggiungerlo in maniera algoritmica.

Le piattaforme ci chiedono di fare il lavoro strategico il quale sarà necessario per fornire loro gli indizi (Google li chiama Asset) a livello di testi, foto, video e creatività in generale grazie alle quali le piattaforme possono capire a che pubblico (audience) andare a parlare.

Si tratta di una differenza epocale che cambia completamente il nostro approccio rispetto al passato e che non è semplice da spiegare soprattutto adesso che siamo agli albori di questo cambio radicale.

Stando alle nuove specifiche e visioni delle piattaforme, rispetto al passato, la parola d’ordine è semplificare gli account.

Oggi nel 2023 risulta essere fondamentale avere una visione trasversale sull’intero percorso di informazione e acquisto che l’utente compie di modo da lasciare agli algoritmi il “lavoro sporco” di tutti quelli che erano gli interventi manuali e tecnici (spesso ripetitivi e difficili) anche da controllare vista l’enorme mole di variabili a disposizione.

Facebook stesso ci chiede esplicitamente di inserire meno AdSet (gruppi di annunci) ma più Asset (testi, foto, video) passando così da un sistema di targetizzazione a zone ad un nuovo sistema gestito da segnali, ossia input che le persone danno rispetto ai vari contenuti che vedono lungo il loro percorso.

Per chi lavora su Facebook sa bene che una buona pratica per cercare di intercettare sempre nuovo utenti nel vasto mondo Meta era quella di duplicare periodicamente gli AdSet in modo tale da andare a “pescare” sempre un pubblico diverso e nuovo all’interno dell’area geografica di interesse.

Oggi invece Meta ci dice che questa pratica non è più necessaria in quanto sono le piattaforme stesse, avendo in pancia i dati di prima parte delle persone (ne conoscono vita, morte e miracoli e sanno esattamente cosa fanno DENTRO le piattaforme) a sapere cosa fare e verso quali persone indirizzare gli annunci e questo specialmente dopo l’annosa questione iOS14 del 2021, momento in cui le piattaforme hanno perso una mole di dati enormi. In sostanza se interagiamo con un determinato contenuto la piattaforma lo capirà e ci farà vedere contenuti simili e così via.

Ad esempio se interagiamo con un oggetto di design, l’algoritmo ci farà vedere altri oggetti di design, se esprimo una preferenza verso uno stile minimale, vedrò altri prodotti su quello stile e così via…

Dati di Prima Parte e dati di Terza Parte

In passato le piattaforme hanno sempre lavorato principalmente sui dati di terze parti grazie ai cookie che registravano i comportamenti degli utenti sul sito di atterraggio verso cui gli annunci rimandavano, ma questi dati dopo iOS14 sono ormai sempre meno e le piattaforme ormai han capito che non possono più farci affidamento…si è conclusa un’era molto florida e dobbiamo cambiare approccio e ragionare in maniera differente.

Oggi quando noi lanciamo un annuncio/campagna, gli algoritmi iniziano a farle vedere a delle persone e da qui iniziano loro a ragionare per cercare di capire come reagiscono e, in base a questi segnali, trovare e raggiungere le altre buyer personas simili o potenzialmente in target.

Come dicevamo prima non siamo più noi a dargli le indicazioni specifiche e tecniche per raggiungere il potenziale target, ma gli diamo in pasto tutta una serie di creatività che dovrebbero essere capaci di fargli capire chi è il pubblico potenziale da raggiungere e passare la palla al machine learning.

La BLACK BOX di cui tutti ormai parlano è proprio una diretta conseguenza della mancanza di dati verso cui le piattaforme si sono trovate a lavorare. Di fatto ogni interazione da parte delle persone si trasforma e viene registrata come un segnale che aiuta gli algoritmi a capire sempre meglio l’intenzione delle persone lungo tutto il percorso decisionale.

Più CREATIVITÀ = Più INPUT = Più INTERAZIONI = Più SEGNALI = Maggior precisione nel trovare le persone giuste

Come avrete capito c’è un cambiamento in atto e dobbiamo comprenderlo se vogliamo sfruttarlo a nostro vantaggio rispetto al subirlo in modo passivo.

I vari asset (creatività) che forniamo alle macchine vengono mescolati tra di loro in maniera assolutamente dinamica dal machine learning per poi essere gestite dall’intelligenza artificiale che si occupa di fare le varie predizioni sulla base del comportamento delle persone.

Il Concetto di SEGNALE:

Se vogliamo continuare a lavorare in maniera professionale e con i piedi per terra, da qui in avanti dobbiamo iniziare a prendere confidenza con il concetto di “segnali” che passiamo alle piattaforme attraverso le diverse creatività verso le quali le persone si comporteranno in un certo modo passando, appunto, dei segnali alle piattaforme stesse le quali impareranno da questi segnali al foine di sfruttare questi dati per correggere/ottimizzare la distribuzione dei contenuti verso persone simili.

È finita la pacchia e quindi l’era degli “interessi” (se pensiamo ad esempio a Facebook ADS).

Basti pensare che nel vedere una semplice foto di un prodotto Facebook (ma anche Google) è in grado non solo di riconoscerlo (e riconoscere eventuali altri oggetti se presenti), ma anche di comprenderne lo stile (minimale, classico, moderno, etc) fino ad arrivare a capire che se interagiamo con un prodotto particolare inizieremo a vedere anche altre tipologie di prodotti dello stesso stile e così via…INCREDIBILE :-0

Per quanto riguarda i VIDEO anche qui gli algoritmi sono ormai maturi e in grado di capire cosa c’è e cosa succede al loro interno. Ecco perché sono importanti e soprattutto perché andrebbero fatti in modo corretto.

Meta poi nello specifico (dicono) analizza semanticamente anche le nostre chat di WhatsApp per imparare un sacco di cose legate al nostro comportamento, etc…alla faccia della Privacy!

Se banalmente su un’immagine/copy inseriamo un messaggio del tipo “sei un arredatore, sei un dentista, etc” da questo controllo semantico è in grado poi di distribuire l’annuncio verso un pubblico di persone che potenzialmente potrebbero essere in target.

Dobbiamo comportarci e agire come farebbe un SEO

Per creare i contenuti giusti in grado di coinvolgere le persone e passare un buon numero di segnali in sostanza vuol dire che dobbiamo scrivere e preparare contenuti che vadano bene da un lato alla macchina, ma soprattutto che siano UTILI alle persone e che siano in grado di andare rispondere a tutte le richieste di informazioni che le persone hanno in merito ad uno specifico argomento.

L’era del vendere “a freddo” e subito senza prima dare valore è finita da un bel po’, ma è meglio ribadirlo a tutti coloro che cercano sempre la scorciatoia o la ricetta perfetta per avere successo senza il minimo sforzo…NON ESISTE!

Ha ancora senso parlare e Creare le Buyer Personas?

Se, da quello che abbiamo detto e capito fino ad ora, le macchine ci stanno offrendo una black box e saranno portate a fare tutto loro, che senso ha per noi creare delle buyer personas? Questa potrebbe essere una domanda lecita per ognuno di noi e alcuni potrebbero interpretarla come uno scaricabarile nel senso che le macchien faranno tutto loro, ci ruberanno il lavoro, se le cose vanno male è colpa loro, etc

Anche su questo aspetto invece io credo che dobbiamo adattarci ad un cambiamento che abbiamo già definito epocale e, anzi, la creazione delle buyer personas assume un’importanza strategia che è ancora più importante rispetto al passato proprio perché dobbiamo progettare al meglio la strategia migliore in grado di alimentare continuamente l’intelligenza artificiale.

Per comprendere meglio questo passaggio possiamo immaginiamo di seguire una ricetta…se gli ingredienti sono corretti e se sappiamo metterli insieme nel modo giusto avremo un buon risultato finale, ma se sbagliamo gli ingredienti e/o sbagliamo a metterli insieme il rischio di preparare un piatto immangiabile è molto alto e qui è la stessa cosa.

Il lavoro principale è quello di fornire gli asset corretti (gli indizi giusti) all’algoritmo in modo da permettergli di trovare le giuste persone verso cui indirizzare il messaggio. Performance Max (Google) e Avdantage+ (Facebook) è la direzione verso cui stanno andando le piattaforme di advertising sempre più in mano al Machine Learning.

Quali sono i Contenuti Migliori?

Che si debba lavorare tanto di contenuti è un dato di fatto e, a tal proposito, pare che i contenuti migliori da utilizzare e sui quali dobbiamo lavorare molto, sono i VIDEO ed in particolare quelli UGC content (User Generated Content) e non tanto quelli Brand in quanto (pare) convertano di più e con un Tasso di Conversione decisamente migliore (i costi di acquisizione pare siano più bassi del 20%).

Questo perché, rispetto ai video Brand, quelli UGC si presentano come “nativi” delle piattaforme e si inseriscono molto meglio tra gli altri contenuti rispetto a quelli brand belli, perfetti e patinati ma che “puzzano” di pubblicità lontano kilometri.

In sintesi i contenuti migliori devono essere BROAD > VIDEO > che Parlano alle PERSONE

Il Funnel è MORTO con l’arrivo del Messy Middle?

Nel 2020 Google ha pubblicato un documento ufficiale nel quale cercava di dare un volto più “moderno” al vecchio concetto di Funnel (che il prossimo anno, tra l’altro, compirà ben 100 anni) la cui rappresentazione è sempre stata quella dell’imbuto ma che ormai non si adatta più a quello che è il mercato moderno (digitale) nel quale ci troviamo a vivere e operare nella nostra quotidianità.

Il “vecchio” funnel risulta essere un po’ semplicistico come visione perché il web ci ha portato ad avere a disposizione una quantità di informazioni enorme, soprattutto in quella che è la parte centrale del Funnel (quella che i markettari hanno sempre chiamato MOFU…Middle of the Funnel), ossia quel momento in cui l’utente deve capire e “scegliere” cosa fare. Al giorno d’oggi avendo così tanta scelta a disposizione, Google rappresenta questo passaggio con un grosso simbolo dell’infinito dove le persone tutte si trovano a vagliare centinaia (se non migliaia) di ipotesi per poi scremarle fino ad arrivare (forse) alla conversione.

Rispetto al passato dove il percorso era molto lineare, il tutto appare ora un CAOS totale ma questo non vuol dire che il Funnel sia morto…anzi…è ancora più vivo di prima proprio perché oggi le persone sono più smaliziate, informate e consapevoli di come funziona il web e ci sono più touchpoint di informazione che le persone sfruttano.

All’inizio di questo nuovo Funnel (chiamato Messy Middle), il punto iniziale è sempre dato da un “trigger”…una qualsiasi qualcosa che attiva dentro di noi il processo di curiosità rispetto ad un prodotto/servizio (es. una foto su Instagram di una bella pizza, un video su Facebook di un nostro amico in viaggio a Bali, la stories di un personaggio che seguiamo con una maglietta particolare, etc). Tutto questo crea in noi una sollecitazione su un bisogno manifesto o latente.

Questo è solo il punto di partenza del viaggio che compirà l’utente il quale inizierà, se intenzionato a proseguire prima di arrivare a conclusione (es. l’acquisto) una sorta di rimbalzo tra due fasi chiamate di Esplorazione e Valutazione (guardare recensioni, chiamata d un amico, visione delle stories di un influencer, la ricerca di una video recensione su youtube, l’andare in negozio), etc…

Capite che questo processo potrebbe avere una durata (teoricamente) infinita passando da un numero altrettanto infinito di punti di contatto e contenuti differenti?

Online e Offline sono mischiati tra loro con la conseguenza che il processo di acquisto si è allungato enormemente (Customer Journey) e noi non possiamo far finta di nulla.

Ragionando sulle opportunità dobbiamo pensare che se c’è una persona che viene stimolata e che prima di acquistare si informa, questo vuol dire che (potenzialmente) è propensa ad acquistare anche da un Brand che non conosceva in quanto sta, appunto, valutando e per noi questa è ovviamente un’opportunità perché significa che abbiamo una chance di essere presi in considerazione anche se siamo un piccolo brand sconosciuto e questo perché sul web, per certi punti di vista, siamo tutti uguali.

Attraverso la domanda di mercato, la concorrenza e i vari segmenti abbiamo quindi la possibilità di impostare una strategia di contenuti in grado di comunicare al mondo perché siamo diversi e perché scegliere noi e non i nostri competitor.

Se pensiamo ormai, nel 2023, di poter vendere con un unico post che mostra il prodotto siamo assolutamente fuori strada!

Tutto questo grazie al posizionamento su cui occorre sempre lavorare e che oggi è ancora più valido perché ci permette di avere una base solida di partenza e un target specifico verso cui poter comunicare in maniera empatica ed efficace.

La perdita del dato di terze parti

Dopo l’arrivo di iOS14 Facebook in primis e via via le varie piattaforme hanno subìto un calo drastico dei dati di terze parti, ossia di tutti quei segnali e azioni che gli utenti compiono nel momento in cui arrivavano sul sito web.

Il blocco dei cookie in nome della Privacy ha ridotto in maniera drastica questi dati i quali sono anche sempre meno precisi ed è per questo che le piattaforme stanno cercando di correre ai ripari cercando di non dargli troppo peso come succedeva un tempo, cercando così strade alternative per comprendere il comportamento utente.

Di contro anche il Retargeting è sempre meno preciso, se lo si fa con le logiche di prima.

Per questo motivo c’è chi sostiene che, proprio perché non è più possibile fare retargeting,il funnel è morto…ci piace sempre molto fare il funerale a qualcuno (la seo, il funnel, il marketing, etc).

Per onestà intellettuale, a livello TECNICO, possiamo affermare che il retargeting è collassato, ma non a livello strategico perchè il Machine Learning (la Black Box), anche se non ci chiede più gli elenchi/segmenti di remarketing, ci chiede le creative anche per compensare la parte di remarketing e andare a raggiungere LUI quelle persone sulla base dei suoi dati di prima parte.

Cosa possiamo fare? Ad esempio, lato Google con le Performance Max, nel momento in cui le impostiamo a livello strategico, all’interno dei vari Asset è cosa buona e giusta considerare sia le Creative che potranno essere usate per raggiungere un pubblico nuovo “freddo” e sia quelle che potrebbero essere utilizzate per la fase di remarketing. Sarà poi l’intelligenza artificiale a comprenderle e a mostrarle nei momenti giusti alle persone giuste.

Oggi è necessaria una Strategia di Marketing Multicanale

Lavorare su un solo canale oggi non è più possibile tant’è risulta estremamente difficile, se non impossibile, risalire al canale che ha portato una conversione per il semplice fatto che, come abbiamo visto il precedenza, il percorso utente si è decisamente complicato e gli utenti passano da un canale a all’altro senza neanche rendersene conto.

A proposito di questo aspetto fondamentale, ecco perché non ha più molto senso parlare di ROAS del singolo canale (Return on Advertising Spend = ritorno sull’investimento pubblicitario) ma è più corretto parlare di MER (Marketing Efficiency Ratio) per indicare quanto, nel complesso delle attività di marketing intraprese, ha portato a livello di fatturato.

Si può guardare il ritorno sull’investimento a livello dell’intero investimento marketing sui diversi canali (considerando più piattaforme, presidiando diversi touchpoing, portare aventi azioni di brand performance, etc) . Oltre a non fissarci più sul quanto ci ha portato il singolo canale a livello di roas, dobbiamo sicuramente iniziare a osservare la qualità del traffico che ci ha portato il singolo canale e che grazie a GA4 (il nuovo Google Analytics è possibile farlo perché, non a caso, si concentra non più sulle sessioni ma sulle azioni e sui comportamenti che hanno compiuto gli utenti…come vedete stiamo unendo i puntini e tutto torna 🙂

Se il traffico proveniente da un determinato canale genera molte azioni, eventi, tempi lunghi di visita, etc allora vuol dire che quello per noi è un buon traffico, diversamente quel traffico, se poco coinvolto, potrebbe essere di bassa qualità e quindi sacrificabile o ottimizzabile.

Conslusioni

Da questa lunghissima analisi sul come stanno evolvendo le piattaforme abbiamo compreso che il nostro approccio deve necessariamente cambiare se vogliamo rimanere profittevoli e seguire un trend che ormai è partito e che ha segnato un cambiamento netto con tutto ciò che c’era prima.

Ragionare e comportarsi seguendo vecchi schemi non ha più senso e non lo avrà in futuro perché è cambiato il contesto, sono cambiate le logiche e sono cambiati i comportamenti delle persone (cosa che continuerà a cambiare) e noi dobbiamo adattarci.

Creare e gestire campagne sulle varie piattaforme sarà un lavoro che dovrà avere una solida base strategica e considerare degli elementi cruciali tra cui il fatto di definire un posizionamento, analizzare il pubblico, cercare le giuste leve e angoli comunicativi e definire gli asset migliori da dare in pasto alle piattaforme al file di fargli comprendere al meglio verso quale target puntare.

Non basta più avere una sola misera inserzione con il classico messaggio “compra, Compra, COMPRA”, ma occorre lavorare per definire un Piano Pubblicitario con Contenuti in grado di tenere vivo l’interesse dell’utente lungo TUTTO il percorso disordinato e caotico descritto dal Messy Middle.

In sostanza più dati abbiamo sulle persone e meglio le conosceremo con la conseguenza di riuscire così a trovare un numero maggiore di angoli comunicativi da trasformare poi in trigger e quindi in creative.

Oggi più che mai vale il detto “chi si ferma è perduto”!!!